Se vi capita di fare una gita in montagna a primavera inoltrata, osservando i bordi dei sentieri, sarà facile che vi imbattiate in delicati cuscinetti, bassi e compatti, interamente formati da piccole foglioline di un bel colore verde.
In certi casi pare avvolgano quasi per intero massi rocciosi contendendo spazio vitale al muschio. In estate questi cuscini si ricoprono di delicati fiorellini rosa tendente al viola, a volte anche biancastri.
Il loro gradevolissimo aroma si spande nell’aria tutt’attorno catturando le vostre narici. Certamente si tratta del timo serpillo erba ad andamento strisciante molto comune in montagna ed in collina. Se invece si presenta con un portamento cespuglioso, molto probabilmente si tratta dell’altra specie più comune: il Timo vulgaris, pianta dall’intenso profumo inconfondibile, sia dei fiori, sia delle foglie.
Le molteplici applicazioni del timo in campo culinario, cosmetico e terapeutico, ne fanno una pianta molto interessante per l’utilizzo in ambito famigliare. Peraltro, potrebbe benissimo trovare spazio in aiuole come pianta ornamentale. A tal proposito esistono numerose specie e varietà di timo: un centinaio e più, alcune a foglie variegate e con fiori variamente colorati e profumati, come il Tymus citriodorus che sa di limone; altre specie hanno foglie lanuginose.
Il timolo e il carvacrolo, sono i più importanti principi attivi presenti nel timo. Chimicamente si tratta di monoterpeni e sono i principali responsabili del particolare aroma balsamico.
Queste sostanze manifestano spiccate proprietà antisettiche e battericide con effetto antibiotico-simile, tanto che un tempo il timolo era utilizzato in ambito ospedaliero come disinfettante.
Ed è anche grazie a queste sue proprietà che il timo aggiunto ai cibi, oltre che ad aromatizzarli, ne facilita la conservazione. Per lo stesso motivo gli antichi Egizi lo utilizzavano per imbalsamare i loro defunti, mentre nell’antica Grecia lo si usava bruciare come incenso aromatico nelle celebrazioni.
Gli antichi Romani lo introducevano nel vino e nei formaggi, sia per aromatizzarli, sia per conservarli. L’usanza di utilizzare le erbe aromatiche, in particolare il timo, nei cibi come conservanti, si è protratta fino alla comparsa dei frigoriferi.
L’etimologia del nome. Timo deriva, molto probabilmente, dal latino “Thymosus” ovvero profumato. Secondo alcuni autori deriverebbe invece dal greco “Thymon” che sta ad indicare la forza e il coraggio.
Dato che il timo cresce su terreni aridi e sassosi, è adatto anche per un giardino roccioso. Al pari di altre aromatiche, la sua coltivazione nell’orto o in vaso è molto semplice ed è alla portata di tutti. Anche se predilige zone soleggiate, non soffre eccessivamente il gelo, pertanto non necessita di protezione invernale. Essendo una pianta perenne, durerà nell’orto vari anni, almeno fino a quando, divenuto troppo legnoso, andrà sostituito con pianticelle più giovani.
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Descrizione della pianta
Il timo (Thymus vulgaris L.) appartiene alla famiglia delle Lamiaceae. Si presenta come un basso arbusto o suffrutice perenne a forma di cespuglio ben compatto.
Il timo è considerato una specie altamente polimorfa. Infatti, tende facilmente ad ibridarsi, cosicché si possono rinvenire elementi della stessa specie che presentano diversità morfologiche evidenziate in particolare nella diversa colorazione dei fiori, nella diversa conformazione delle foglie e anche nell’altezza dei cespugli: alcuni sono alti pochi centimetri mentre altri possono arrivare ai 50 centimetri.
La porzione fogliare del cespuglio secca ad ogni fine stagione lasciando in vita solo le parti legnose dalle quali spunteranno le nuove gemme ad inizio primavera.
I fusti sono quadrangolari e muniti di numerosissime ramificazioni, divengono legnosi alla base solo dopo i 4 anni di sviluppo e solo la parte apicale è erbacea. La corteccia è bruna/cinerea. Si presentano generalmente eretti, in alcuni casi striscianti.
Le radici sono fascicolate e legnose.
Le foglie sono piccole, munite di una folta e breve peluria, di forma da ovata a lanceolata con margine intero, spesso revoluto verso il basso; perlopiù sono sessili o brevemente picciolate, di color grigio/verde e profumate, per la presenza di ghiandole secretorie puntiformi ricche di oli essenziali.
I fiori sono ermafroditi, piccoli, tubolari, raggruppati in infiorescenze verticillate e ascellari, disposti perlopiù nella parte terminale delle ramificazioni, a volte lungo tutto il fusto. La corolla è bilabiata. Il colore varia dal rosa chiaro o biancastro, fino al rosso violetto. La fioritura avviene da aprile a ottobre a bassa quota, e da giugno a settembre sopra gli 800 metri.
Anche il calice è bilabiato e pubescente, persistente alla fruttificazione.
Il frutto è un tetrachenio, liscio ed oblungo.

Habitat, terreno e clima ideali
Il timo è una specie originaria dell’areale del Mediterraneo, in particolare lungo le sue coste. Si rinviene spontaneo in Italia, lungo le coste del Mediterraneo, nei prati incolti e in montagna, fino ai 1500 m d’altitudine. Predilige posizioni esposte e ben soleggiate.
Il tipo di terreno ideale è quello calcareo, non argilloso, a pH leggermente alcalino e ben drenato, cioè misto a sabbia e ciottoli.
Il clima ideale è quello tipico mediterraneo, pertanto soleggiato, anche se resiste al freddo di quote medio-alte. Solo mal sopporta l’eccessiva umidità e il ristagno d’acqua nelle radici.
Semina del timo
La semina va effettuata tra fine marzo e inizio aprile in semenzaio protetto. Servirà un capiente contenitore dal diametro di 25/30 cm circa (come questo vaso da balcone ) con del terriccio leggermente alcalino mescolato a torba, ghiaia e sabbia e un po’ di concime o compost. Questo miscuglio, oltre ad assicurare un adeguato nutrimento e quindi a garantire un’ottima crescita delle piantine, consentirà anche di ottenere un buon drenaggio.
I semi vanno disposti distanziati tra loro di almeno un paio di centimetri, basterà poi coprirli con un piccolo strato di terriccio ben pressato.
Le innaffiature dovranno essere regolari in modo da mantenere umida la terra senza creare ristagni d’acqua.
Trapianto in vaso e orto
Quando le piantine saranno abbastanza sviluppate, circa due mesi dopo la semina, potranno essere trasferite in un vaso capiente per permettere alle radici di potersi espandere. Sul fondo del contenitore andranno posizionati dei ciottoli (come questi ) per impedire il ristagno dell’acqua. Il tipo di terriccio sarà il medesimo utilizzato per la semina. Il vaso andrà posizionato in ambiente caldo, soleggiato e al riparo dalla troppa pioggia.
Per il trasferimento nell’orto bisognerà attendere la stagione calda: luglio, agosto. Le giovani piantine andranno interrate in buche precedentemente realizzate, distanziate tra loro di circa 25 cm, saranno poi riempite di terra pressata bene attorno allo stelo. Subito dopo occorrerà innaffiare.
Anche se il timo si adatta bene a climi rigidi, occorre ricordare che è originario dell’area mediterranea, pertanto sarà opportuno trapiantarlo in una posizione soleggiata, questo favorirà lo sviluppo dei suoi pregiati oli essenziali.
Moltiplicazione e riproduzione
La riproduzione del timo può avvenire in due modi: per talea o per suddivisione dei cespi.
Per effettuare riproduzione del timo con il metodo della talea, il periodo ideale è tra marzo e aprile, oppure tra fine settembre e ottobre.
Realizzare una talea è relativamente semplice, basta staccare dei rametti laterali muniti di base legnosa dagli steli principali della pianta e farli poi radicare in vaso. In questo modo si possono ottenere nuove piantine. L’aggiunta di un radicante ormonale (acquistabile su Amazon ) faciliterà il radicamento.
La suddivisione dei cespi è l’operazione più semplice per la riproduzione del timo. È sufficiente prelevare dei piccoli mazzetti di vegetale da un cespuglio ben formato e di almeno due anni d’età, unitamente alle sue radici, suddividere poi gli steli in piccoli gruppetti e interrarli in vaso o in piena terra, ben distanziati tra loro.
Questi, nel tempo, si infoltiranno e daranno vita a nuovi cespi. È bene effettuare questa operazione prima della fioritura, a febbraio/marzo, per facilitare il radicamento.
Mantenimento delle piante e potatura
Il timo non necessita di particolari cure, salvo eliminare le eventuali parti deteriorate man mano che si presentano. Nemmeno necessita di potature, salvo si voglia contenere un suo sviluppo eccessivo. Anche le piante infestanti, in genere, non danno troppo fastidio, essendo una pianta che sviluppa un folto cespuglio non consente loro di inserirsi tanto facilmente.
La potatura, generalmente, si effettua solo per la raccolta dei suoi rametti. Dato che del timo si utilizzano principalmente le foglie, la pianta va potata preferibilmente poco prima della fioritura o al suo inizio, tra marzo e aprile.
Dopo alcuni anni, il cespuglio sarà diventato quasi completamente legnoso e le foglioline si saranno molto diradate, a questo punto è consigliabile eliminare i vecchi cespugli e procedere a nuova semina.

Malattie e parassiti del timo
Pur essendo una pianta rustica e ben resistente alle più comuni fitopatologie, il timo può essere aggredito dalla ruggine. Si tratta di miceti, due in particolare: la Puccinia menthae e l’Aecidium thymi; questi patogeni provocano macchie scure, rossastre o nere sulla pagina inferiore delle foglie. Generalmente, questo problema si presenta in settembre a seguito di precipitazioni abbondanti.
Queste patologie si possono curare con gli antifungini, oppure si possono contenere eliminando alla base le parti aggredite per poi distruggerle. Occorre anche limitare le concimazioni azotate che favoriscono lo sviluppo dei miceti.
Un’altra aggressione che può subire il timo può avvenire ad opera di un lepidottero, il tortrix pronubana, le cui larve danneggiano foglie e germogli. In questo caso la pianta perde vigore e ingiallisce. Per combattere questi parassiti si può ricorrere agli insetticidi biologici, oppure eliminare fin dalla base le parti colpite e danneggiate e distruggerle.
Un suolo ben drenato e irrigazioni non eccessive sono precauzioni sufficienti a proteggere l’apparato radicale del timo dall’eventuale marcescenza provocata da ristagni ed eccessiva umidità.
Raccolta e conservazione
La raccolta del timo avviene in primavera, ma può protrarsi fino a fine estate, è sufficiente tener potata la pianta in modo che ributti continuamente.
Del timo si utilizzano le parti aeree. Dato che gli oli essenziali sono più concentrati nelle foglie, si preferisce raccoglierle prima della fioritura, periodo in cui sono più ricche di aromi, ma anche i fiori possono essere utilizzati insieme alle foglie.
Il timo appena raccolto può essere conservato fresco, mantenuto in frigorifero, per cinque o sei giorni massimo, mentre con l’essiccazione si può conservare per un anno e più. Una volta ben essiccato andrà posto in vasi di vetro o in barattoli a chiusura ermetica e collocati in luogo fresco ed asciutto.
L’essiccazione deve essere effettuata all’ombra, in un ambiente caldo e ventilato, fino ad ottenere la completa disidratazione dei tessuti, operazione che può richiedere da pochi giorni fino a dieci, questo dipende dalle condizioni climatiche del luogo in cui viene attuata l’essiccazione.
Una tecnica casalinga, che consente di ottenere un buon risultato, consiste nel formare mazzetti con le parti aeree raccolte, legarli con dello spago e appenderli a testa in giù in un luogo caldo, asciutto e ombreggiato, possibilmente una zona della cucina in modo da avere il vegetale a portata di mano.
Le foglie possono anche essere consumate fresche, distribuite direttamente su pietanze di carne, pesce, frittate e salse varie, oppure possono essere utilizzate per realizzare tisane.
Proprietà e utilizzi
L’aroma del Timo è molto apprezzato in cucina, favorisce l’appetito e stimola la digestione. Il suo utilizzo in campo alimentare viene sfruttato, oltre che per le sue qualità aromatiche, anche per le proprietà antisettiche per mezzo delle quali viene facilitata la conservazione dei cibi.
Il timo viene utilizzato in cucina principalmente per aromatizzare le carni, (manzo, agnello, pollame), ricette a base di pesce e piatti di cacciagione in genere. Inoltre, si utilizza per insaporire i sughi e le verdure cotte, patate in primis, e per aromatizzare olio e aceto; viene anche impiegato nella preparazione di alcuni liquori.
Il timo è ricco di vitamina C e vitamine del gruppo B. Contiene, oltre al timolo, linaiolo e carvacrolo, anche diversi sali minerali che, insieme all’olio essenziale, ne fanno una pianta molto interessante in ambito erboristico.
Il timo svolge principalmente un’attività antisettica e antibatterica, per questo è considerato un antibiotico naturale. Peraltro, contrariamente agli antibiotici di sintesi, il suo uso non induce multiresistenza.
Al timo vengono attribuite proprietà balsamiche, anticatarrali, antiossidanti, antispasmodiche, antifungine e diuretiche, oltre a quelle aromatiche e digestive.
L’infuso è molto indicato in caso di influenza stagionale; tosse, bronchite, raffreddore e in tutte le affezioni alle vie respiratorie contro le quali sono molto indicati i suffumigi a base di timo.
Si inspirano i vapori coprendosi il capo con un asciugamano. In tutti questi casi, oltre all’infuso e ai suffumigi, è consigliato associare un bagno aromatico, particolarmente efficace per liberare le vie aeree.
Basta aggiungere alcune gocce di olio essenziale di timo (una decina circa) ad un cucchiaio di un normale bagnoschiuma e versarlo nella vasca da bagno, oppure, se non si dispone di una vasca da bagno, è sufficiente versare il prodotto su di una spugnetta e strofinarla sulla pelle sciacquandosi poi con acqua ben calda.
Storia e curiosità
Il timo è una pianta mellifera, ben apprezzata dalle api che ne ricavano un ottimo miele.
È una pianta che è sempre stata utilizzata dalle antiche civiltà, principalmente per le sue proprietà antisettiche. Il suo utilizzo, sia per usi terapeutici che culinari, si perde nella notte dei tempi.
Già gli antichi Egizi lo utilizzavano per la conservazione del cibo, oltre che come incenso da bruciare in offerta agli dei. Veniva utilizzato anche per l’imbalsamazione dei defunti. La sua efficacia è talmente comprovata che a tutt’oggi vengono utilizzati alcuni suoi derivati per l’imbalsamazione di animali.
Pare che i soldati romani lo aggiungessero all’acqua del bagno nella quale si immergevano prima di iniziare una battaglia.
I greci usavano realizzare un olio aromatico con il timo. Era loro convinzione che l’applicazione tramite massaggi di quest’olio infondesse coraggio (la parola timo, in greco antico, significa coraggio).
Galeno, medico e filosofo greco lo considerava il più potente antisettico conosciuto. A Sud Est di Atene si trova il monte Imetto; lì cresce una particolare varietà di timo dal quale si ottiene un miele che nella Grecia classica era considerato il migliore.
Pure Carlo Magno apprezzava il timo, tanto che ne ordinava la coltivazione nei vari giardini di piante officinali del suo impero. In seguito a ciò, i Romani cominciarono ad introdurre il timo in cucina per aromatizzare i cibi, ma non solo: grazie alla sua azione antiputrida, contribuiva alla loro conservazione, in particolar modo i piatti a base di carne, rallentando i processi di putrefazione.
Nel Medioevo il timo era considerato un’ottima difesa in caso di epidemie di peste e di lebbra. Famoso è l’aceto dei quattro ladri in cui compare il timo (vedi la sezione “curiosità” dell’articolo relativo alla salvia). Fino a relativamente pochi anni fa, era utilizzato per disinfettare gli ambienti in cui si trovavano gli ammalati o dove erano riposte le derrate deperibili.