Medichesse: recensione e intervista a Erika Maderna

Uno sguardo nel libro che ripercorre la storia della “vocazione” femminile alla cura

Con uno stile divulgativo godibilissimo, alternando l’approfondimento della ricerca storica con aneddoti e curiosità capaci di intrattenere e affascinare, Erika Maderna ci farà scoprire, con un po’ di stupore, come la scienza medica sia stata soprattutto una fortezza della libertà di espressione delle donne. Un libro finemente illustrato per chiunque sia interessato a esplorare non solo il rapporto tra il femminile e la dimensione della cura, ma anche i lati più nascosti della storia della medicina e delle terapie naturali.

Medichesse: la trama

Il percorso che segna l’evoluzione della scienza medica ed erboristica si intreccia in modo imprescindibile alla storia delle donne. Se da una parte gli uomini hanno dominato l’universo delle parole, dall’altra le donne hanno avuto potere sul mondo delle cose. La vocazione femminile per la medicina, infatti, ha origini antichissime che ci riportano alle radici delle civiltà, rivelandoci che le donne sono da sempre le custodi dei segreti delle erbe e delle piante officinali e sono per natura e sensibilità inclini alla cura.

La figura della medichessa che si staglia al centro di questo viaggio ha assunto, attraverso i secoli, identità e volti diversi: maga, sacerdotessa, guaritrice, ostetrica, erborista, monaca, alchimista, compilatrice di ricettari. Sempre contrapposta alla scienza degli uomini, depositari della cultura dei libri e delle accademie, la pratica femminile si caratterizzava per l’approccio empirico e l’espressione di conoscenze antiche e tramandate, dove accanto alle applicazioni di una medicina lecita coesistevano saperi più oscuri, quelli delle consuetudini proibite della contraccezione e dell’aborto, legate alla magia degli incantamenti amorosi e della fertilità.

Spaziando dall’antichità preclassica al Rinascimento italiano, Erika Maderna ripercorre l’evoluzione della cultura medica ed erboristica femminile, cogliendone la varietà delle sfumature: dee, pizie, maghe, levatrici, erbarie, medichesse, vestali, sante, alchimiste e streghe hanno infatti rappresentato solo profili diversi di uno stesso volto. Una prospettiva forse inaspettata di autonomia femminile, ma conquistata comunque faticosamente.

L’autrice e ricercatrice Erika Maderna

Erika Maderna, laureata in Lettere classiche all’Università degli Studi di Pavia, vive a Grosseto. Scrive articoli e saggi di cultura classica, collaborando con diverse testate, ed è spesso chiamata ad intervenire in convegni universitari. Oltre ad articoli e saggi di cultura e archeologia classica ha pubblicato Antichi segreti di bellezza (Aldo Sara Editore, 2005).

Per Aboca Edizioni, ha approfondito due principali filoni di ricerca: il primo, relativo ai simboli e alle mitologie botaniche, mentre il secondo ripercorre gli antichi saperi delle donne in medicina, dalle figure dell’immaginario alla storia. Per Aboca Edizioni ha pubblicato:

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Medichesse: la recensione

Nella prefazione a cura di Rita Pagiotti leggiamo che il piacere che si ricava dalla lettura di questo libro di Erika Maderna è il risultato dell’armonia di più elementi, che si compongono e si fondono dando vita ad un testo dalle molteplici sfaccettature: il gusto e la passione della ricerca storica, l’avventura e il coinvolgimento intellettuale in un percorso che, pur non venendo meno al rigore scientifico, è ricco di curiosità e di facile lettura, ed infine, ma non ultima, l’emozione che il libro nella sua interezza, fatta di testi e bellissime immagini, trasmette. Tutto questo attorno alla donna e a quello che potremmo definire la sua innata vocazione al mestiere della cura: la donna medichessa.

Un percorso che ricompone coerentemente in un unico quadro fenomeni sociali e culturali estremamente eterogenei: al centro la ricerca di un’identità che, pur nel mutare della vita dell’uomo, rimane caratteristica peculiare dell’essere donna e che dà continuità, lega ed accomuna in questo lungo percorso, la dea, la maga, la profetessa, nonché la santa e la strega, personificate in un susseguirsi affascinante di donne, sino ad arrivare a quella che forse è l’immagine più sofisticata, ma anche colta e sapiente, della donna alchimista rinascimentale.

Quello che abbiamo tra le mani è un saggio per noi prezioso, che in 200 pagine ci porta per mano alla scoperta di tre mondi: quello femminile, quello della cura e quello delle erbe. Le donne che si incontrano in questo percorso, che partono dall’archetipo neolitico della dea curatrice, sono forse utili anche per capire qualcosa in più di noi stesse, conoscendo e riconoscendoci in ogni personaggio.

Come sempre in ogni libro di Aboca Edizioni, la mia ammirazione da buona studiosa di belle arti va alle magnifiche immagini che ci accompagnano per tutto il libro nonché alla carta su cui sono stampate, una FSC dal piacere tattile imparagonabile.

Infine, non meno preziosa, va citata la ricca e attenta bibliografia al termine del libro. Un piccolo tesoro di spunti letterari.

Ma lasciamo la parola a Erika, perché di questa sua ricerca c’è poco da dire e tanto da imparare.

Medichesse
  • Maderna, Erika (Autore)

Intervista a Erika Maderna

  • Ciao Erika, benvenuta su Pianeta di Riserva! Presentati ai nostri lettori.

Mi sono laureata in Lettere Classiche con indirizzo archeologico, ma l’archeologia sul campo in realtà non l’ho mai praticata, salvo qualche esperienza giovanile di scavo. Alcuni incontri fortunati, fra i quali in primis quello con Aboca, l’editore con cui collaboro da ormai più di dieci anni, mi hanno incoraggiata a dedicarmi alla ricerca storica, una passione che non mi ha più abbandonato. In fondo, il lavoro dello storico è molto affine a quello dell’archeologo, nel metodo e nell’intento: in entrambi i casi si tratta di scavare, togliere la polvere accumulata nel tempo, cercare, ripulire e mettere insieme cocci offrendo loro spazio e visibilità in una vetrina amorevolmente preparata.

  • A Pianeta di Riserva stiamo leggendo il tuo “Medichesse. La vocazione femminile alla cura“, un’analisi e una ricerca appassionate sul tema della donna in relazione alla medicina. Quando e da dove nasce questo tuo interesse?

Forse era da molto tempo in gestazione, in attesa dell’occasione giusta per esprimersi. Per me esplorare la storia delle donne è una fantastica opportunità di svolgere il filo di una matassa di cui mi sento parte. Tutte noi ci portiamo dentro le esperienze, le fatiche, le sofferenze e le vittorie delle nostre antenate e non possiamo prescindere dalla loro vicenda storica, se vogliamo comprendere veramente la nostra. Anche il tema della cura lo trovo un eccezionale spunto di riflessione per interrogarci su contenuti attualissimi relativi al “buon uso del mondo”. Quella delle donne è stata davvero una “vocazione” alla cura, come ho voluto suggerire nel sottotitolo del libro? Oppure hanno agito soprattutto i condizionamenti culturali e sociali, che le hanno relegate ai ruoli domestici e di accudimento. Sono interrogativi interessanti: indagare il contributo delle donne a queste tematiche, attraverso lo studio delle fonti, delle biografie, dei contesti di riferimento, consente di riconsiderare un approccio alla salute che potremmo definire femminile in quanto soprattutto le donne ne sono state portatrici, ma che non necessariamente deve esprimersi esclusivamente attraverso di loro. Cosa può ricavare l’umanità nel suo complesso, al di là della determinazione di genere, dalla storia delle antiche medichesse?

  • Tutta la storia dell’uomo è intimamente legata a miti e archetipi, e nel nostro caso partiamo dalla Potnia, che definisci come dea, maga e strega. Vuoi parlarci dell’incipit di questa nostra storia di cura femminile?

È un incipit decisamente affascinante, in quanto consente di inquadrare il percorso della cura al femminile partendo da uno sguardo archetipico. La presenza di una dea generativa e fertile, conoscitrice delle erbe e dei loro poteri medicinali, caratterizza l’humus religioso di tutto il mondo mediterraneo antico. A partire da questa espressione antichissima del sacro femminino, nel tempo si sono sviluppati culti e sacerdozi dedicati a singole divinità femminili taumaturghe, che sono stati i primi ambienti di ricerca farmaceutica. Per molti secoli si troveranno tracce di questa primitiva medicina sacerdotale e magica nelle prassi delle guaritrici popolari, che fondavano i loro saperi sulla trasmissione orale di formule, gesti e riti che dalle culture pagane sono confluiti in quella cristiana, mantenendone il nucleo intatto. Questo fil rouge, che collega il mondo dell’immaginario all’espressione più concreta delle pratiche di cura, rimane per me uno degli aspetti più avvincenti. La paura delle streghe, causa delle feroci persecuzioni che per secoli hanno coinvolto migliaia di curatrici, in fondo ha radice nella necessità di cancellare e demonizzare i residui dell’antico potere religioso femminile che minava un nuovo ordine sociale fondato sulla decostruzione di quelle premesse. Con il tempo, insomma, si voluta rimuovere la consapevolezza che la strega, o la maga, in origine sono state sacerdotesse o pizie, e ancora prima sono state dee.

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  • Avanzando tra le pagine del saggio si è via via fatta strada una consapevolezza: la cura è spesso sinonimo di libertà e indipendenza. Perché il sistema sociale è stato tanto ostile ai saperi femminili?

In passato certamente lo è stato perché il potere (e il sapere, che ne è la premessa) femminile destabilizzava quella costruzione fortemente gerarchica e patriarcale della società che estrometteva le donne dalle posizioni decisionali. La libertà e l’indipendenza delle donne facevano paura, ed ecco perché assai spesso le guaritrici accusate di stregoneria erano figure indipendenti economicamente, che si sostentavano attraverso il lavoro; magari vivevano sole, ai margini dei villaggi, prive della protezione di padri o mariti, oppure si raccoglievano in piccole comunità femminili, cosa ancora più soggetta al sospetto della rete sociale. Nel caso di medichesse, levatrici ed erbarie, poi, che praticavano una medicina magica di sapore pagano, all’ostilità delle strutture giuridiche ecclesiastiche si univa quella delle istituzioni ufficiali, che percepivano come concorrenziale l’intervento di queste donne, accusate di scavalcare la precedenza dovuta ai medici provvisti di regolare licenza.

  • Herba et verba”, erbe e parole magiche. Cosa vorresti trasmettere e consegnare nelle mani di chi riceve il tuo libro e le tue parole pregne di conoscenza?

Mi piacerebbe trasmettere l’eredità di un modo di intendere la cura vicino alle radici più antiche del termine “terapia”. La lingua greca traduceva “therapéia” con “servizio sacro”. Il recupero della natura sacerdotale della medicina delle origini ci mette in contatto con la sacralità dell’atto di cura e ci investe di una responsabilità importante. Ritengo anche fondamentale la riflessione sull’uso e il potere delle parole: herba et verba sono stati gli strumenti primari delle antiche empiriche, e ci ricordano quanto grande sia il potere delle parole, che possono salvare o uccidere, consolare o annientare. Perfino il sostantivo “fato” deriva dalla radice del verbo latino “fari” (parlare): è come dire che ogni parola che pronunciamo può determinare un destino. È questo, credo, il senso più profondo di ciò che chiamiamo parola magica.

  • Il tuo libro si conclude con le alchimiste, l’espressione più raffinata e colta della cultura scientifica femminile. Come vedi invece oggi la donna medichessa? Medico, erborista o prosecutrice della tradizione empirica?

Attraverso la sperimentazione alchemica le donne hanno onorato, nella sua espressione più alta e dotta, l’antico legame con la natura, quella mater – materia che le mani femminili da sempre hanno trasformato in alimento e in farmaco, riuscendo a sviluppare e perfezionare con grande perizia tecniche di conservazione, trasformazione e somministrazione ancora oggi considerate valide.

Da almeno duecento anni, ormai, uomini e donne condividono i medesimi percorsi di alta formazione nel campo medico. Inoltre hanno l’opportunità di avvalersi di secoli di ricerca scientifica e farmacologica, traguardi importantissimi che hanno portato a un significativo miglioramento della qualità della vita di tutti noi e che si uniscono alle conquiste nel settore del welfare. Questo non deve impedirci di fare tesoro di ciò che la storia ha conservato. È fondamentale tenere ben saldo fra le mani il capo del filo che ci collega alle vite delle nostre antenate, per recuperarne l’umanità. Le antiche medichesse, le monache infermiere, le empiriche di campagna, perfino le cosiddette streghe, sono ancora fra noi per ricordarci un approccio tutto femminile, fatto di presenza, rispetto e ascolto, che ha ancora molto da dire, e non solo alle donne.

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A chi consiglio di leggere Medichesse. La vocazione femminile alla cura

Attraverso le pagine di questo libro scopriremo con un po’ di stupore come la scienza medica sia stata soprattutto una fortezza della libertà di espressione femminile. In un certo senso un’anomalia della storia. Il libro si rivolge ad appassionati e curiosi della storia delle donne, oltre che a chiunque sia interessato ad approfondire il rapporto tra il femminile e la dimensione della cura, o questo particolare aspetto della storia della medicina e delle terapie naturali.

Con una scrittura semplice e comprensibile Erika rende il testo fruibile ad un pubblico ampio e curioso.

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  • Maderna, Erika (Autore)

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