Un elemento che accomuna tutte le civiltà che si affacciano sul bacino del Mediterraneo è sicuramente l’olivo, sia per il suo lato simbolico che per quello produttivo.
Questa pianta è largamente diffusa in tutti i paesi del Mediterraneo, ed in Italia rappresenta una coltura chiave per molte regioni.
Negli anni la coltivazione dell’oliveto e la produzione di olio extravergine d’oliva hanno subito un’evoluzione constante che ha prodotto cambiamenti radicali nella gestione agronomica e fitosanitaria di questa coltura, nel panorama varietale, nelle tecniche e tecnologie di estrazione dell’olio, ecc.
La storicità di questa coltura e la sua evoluzione nel tempo hanno permesso la contemporanea presenza sul territorio nazionale di una moltitudine di forme che caratterizzano fortemente l’economia e il paesaggio delle campagne italiane.
Infatti, tra le regioni con la più ampia diffusione di questa coltura vi è la Puglia che produce quasi il 40% dell’olio nazionale; in questa regione si affiancano alle estese piantagioni di olivi secolari del Salento (Figura 1 A) le nuove coltivazioni intensive delle provincie di Foggia e Bari (Figura 1 B).
Negli anni la bellezza e monumentalità di queste piante hanno favorito la diffusione di questa specie anche come essenza ornamentale che oggi abbellisce giardini in tutta Italia, favorendo per alcuni anni la poco etica commercializzazione di olivi secolari espiantatati (Figura 1 C).

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Cenni storici sulla rogna dell’olivo
Nella storia la coltivazione dell’olivo ha affrontato ciclicamente delle difficoltà di diversa natura, basti pensare alla sostituzione dell’olio lampante con altre forme energetiche che determinò per un lungo periodo l’abbandono di questa coltura, oppure al più recente complesso disseccamento rapido dell’olivo, una grave malattia batterica dell’olivo causata da Xylella fastidiosa che sta alterando irreversibilmente i paesaggi salentini (Figura 2).
Una problematica fitosanitaria che accompagna da sempre questa coltura è la rogna dell’olivo, una malattia che, insieme all’occhio di pavone, la mosca e la tignola dell’olivo, causano importanti perdite produttive e sono largamente diffuse in tutti gli areali di coltivazione di questa pianta.
La rogna dell’olivo oltre a compromettere le potenzialità produttive dell’olivo ne compromette fortemente il vigore e l’aspetto estetico, in quanto il sintomo caratteristico di questa malattia consiste in tubercoli (tumori) principalmente diffusi sui rami.
Di tale malattia vi è ampia documentazione storica in molti testi di civiltà del Mediterraneo; tuttavia, ad associare in una relazione di causa effetto la manifestazione dei tubercoli con un patogeno batterico fu il docente italiano Luigi Savastano dal quale prende il nome il microrganismo patogeno Pseudomonas savastanoi pv savastanoi (Pss).
Infatti, il prof. L. Savastano nel testo “Tubercolosi, Iperplasie e tumori dell’olivo – 1887” documentò l’isolamento e la caratterizzazione del batterio responsabile della rogna dell’olivo, permettendo l’avvio di un lungo lavoro di ricerca scientifica che oggi ha permesso di disporre di numerose strategie per la lotta a questo patogeno.

I principali sintomi della rogna dell’olivo
Come già anticipato il sintomo caratteristico di questa malattia di origine batterica consiste in escrescenze di forma globosa, tecnicamente chiamate tumori, che si originano a causa di disordini ormonali causati dal batterio (Figura 3 & 4).
Questi tumori possono prendere origine in tutti gli organi della pianta, infatti sono molto frequenti sui rami, branche e tronco, ma possono localizzarsi nei peduncoli fogliari e dei frutti.
Raramente possono essere interessati da sintomi di rogna dell’olivo foglie e frutti (Figura 3 B). Le dimensioni di tali strutture possono variare da pochi millimetri a qualche centimetro e anche l’aspetto evolve con il progredire dell’infezione.
Infatti, in una prima fase di sviluppo i tumori hanno una colorazione verdastra per poi lignificare acquisendo una colorazione bruna.
La superficie dei tessuti sintomatici ha generalmente un aspetto globoso (Figura 4 A) che talvolta è ricoperto da uno strato rugoso (Figura 4 B), i tumori che nella maggior parte dei casi isolati mentre in situazioni di forti infezioni possono confluire generando ampie alterazioni in rametti (Figura 4 C).

Perché Pseudomonas savastanoi pv savastanoi produce tumori nelle piante di olivo
Come per tutte le piante superiori, e anche negli animali, i tumori sono delle escrescenze tessutali anomale che derivano dalla proliferazione incontrollata di un gruppo di cellule, la cui origine varia a seconda della malattia.
Nel caso specifico della rogna dell’olivo, ad innescare lo sviluppo di questi tumori è l’interazione della pianta con il patogeno batterico Pss, il quale è in grado di produrre dei fito-ormoni che innescano nella pianta la crescita incontrollata delle cellule vegetali sia nell’olivo che nel frassino.
In particolare, Pss sintetizza Citochinine e Auxine, due molecole che la pianta sintetizza nei meristemi (esempio gemme e apici radicali) governando l’accrescimento vegetale.
Invece, durante l’interazione ospite (olivo) patogeno (Pss) l’accumulo di ormoni in tessuti già differenziati determina la crescita incontrollata delle cellule di olivo, quindi la produzione di ammassi cellulari evidenti all’esterno come strutture globose nettamente diverse nell’aspetto rispetto al ramo.

Dove vive questo batterio e come entra nella pianta
Pss è un microrganismo che di frequente popola la fillosfera di numerose specie vegetali, tra cui anche quella dell’olivo.
Durante la sua vita epifitica (sulla superficie) si moltiplica non creando nessun sintomo alla pianta. La distribuzione di Pss sulla pianta è eterogenea e le sue popolazioni subiscono drastiche fluttuazioni nel corso dell’anno; infatti, si riproduce in maniera più accelerata durante i mesi caldi ed umidi.
La presenza di consistenti comunità microbiche sulla vegetazione dell’olivo è strettamente legata alla presenza dei tumori, quindi, ad infezioni in essere.
Infatti, questo batterio riesce a passare dal condurre una vita epifitica consumando gli essudati prodotti dalla pianta sulla superficie fogliare ad una vita endofitica interagendo con le cellule vegetali attraverso dei sofisticati meccanismi di infezione.
Il batterio penetra nei tessuti sani della pianta fondamentalmente attraverso ferite prodotte da eventi atmosferici, quali ad esempio la grandine, oppure attraverso delle lacerazioni prodotte dal gelo.
Costituiscono un’altra possibilità di accesso le ferite prodotte dalla potatura oppure durante la raccolta delle drupe; mentre, negli impianti intesivi, può favorire il passaggio dei batteri tra piante lo sfregarsi della vegetazione tra due alberi adiacenti.
I veicolanti principali di questi batteri tra piante sono: la pioggia, il vento, il contatto tra vegetazione, gli strumenti di potatura e raccolta, ecc.
Sulla stessa pianta, se non si interviene alla comparsa dei sintomi rimuovendo le parti infette, il patogeno può diffondersi molto rapidamente negli anni andando ad interessare settori della chioma via via più estesi debilitando la pianta.
Infatti, studi scientifici hanno dimostrato che nonostante Pss sia parte integrante del microbioma epifitico dell’olivo, la popolazione di questo microrganismo è significativamente più consistente in piante che presentano sintomi.
Tutto ciò accade perché, al pari di altri patogeni delle piante, al termine del ciclo infettivo anche per questo batterio vi è l’evasione, quindi la fuoriuscita di cellule vitali dai tessuti sintomatici verso l’esterno, andando ad arricchire la popolazione microbica di nuove cellule.
Altra particolarità di questa malattia è relativa alle comunità microbiche che si creano all’interno dei tumori prodotti da Pss nelle piante di olivo.
Infatti, numerosi studi scientifici indipendenti hanno evinto che nei tessuti sintomatici la popolazione di Pss è costantemente associata con altre specie batteriche appartenenti ai generi Pantoea ed Erwinia, i quali, pur non essendo capaci da soli di produrre sintomi su olivo, se presenti incrementano la virulenza di Pss.

Come limitare e prevenire la rogna dell’olivo
Nella gestione delle batteriosi delle piante, contrariamente a quanto accade per le malattie fungine, non sono disponibili molecole e quindi prodotti con azione curativa; pertanto, tutte le azioni introdotte sono finalizzate alla prevenzione dell’infezione.
Non fa eccezione la rogna dell’olivo il quale patogeno, come già descritto, produce la malattia insediandosi in tessuti in cui gli scambi con l’esterno sono molto lenti, quindi poco raggiungibili da molecole con azione battericida o batteriostatica.
Tra le tecniche preventive più efficaci vi è sicuramente la potatura (acquista le apposite forbici ), con la quale si possono asportare le parti sintomatiche riducendo di conseguenza la densità delle popolazioni di Pss sulla superficie fogliare.
Tale operazione va condotta durante la normale potatura degli olivi, avendo l’accortezza di distruggere i residui di potatura di piante ammalate attraverso bruciatura.
Inoltre, è buona norma potare per prime o per ultime le piante malate, sanificando con candeggina gli strumenti di potatura quando si passa da una parte malata e una sana della pianta o tra piante diverse.
Stessa accortezza va considerata con la raccolta che, viste le numerose ed energiche sollecitazioni che tale operazione produce sulla pianta, provoca numerosissime ferite che possono rappresentare un punto di accesso del patogeno; quindi, le piante malate vanno raccolte dopo quelle sane.
Al termine della raccolta e della potatura è consigliabile eseguire dei trattamenti con prodotti rameici che hanno lo scopo ridurre il numero di cellule vitali di Pss; quindi, la possibilità che queste entrino nelle ferite producendo la malattia.
A tale scopo si può far ricorso alla poltiglia bordolese oppure ossicloruri di rame disponibili in commercio in diverse formulazioni ammesse in agricoltura biologica.
Allo stesso modo è opportuno intervenire con questi prodotti a seguito di eventi atmosferici di particolare intensità che possono procurare ferite alla vegetazione (gelate e grandinate).
I prodotti appena elencati, seppur ammessi in agricoltura biologica, sono destinati ad un uso professionale e per l’acquisto è necessario un apposito patentino.
Per il nutrito mondo di hobbisti che si cimentano con passione nella coltivazione dell’olivo, costituiscono un’importante opportunità ed alternativa i fertilizzanti speciali contenenti micronutrienti.
Tra questi vanno sicuramente segnalati tutti i prodotti a base di rame e zinco ad elevata concentrazione; tali prodotti, oltre ad apportare elementi essenziali per la nutrizione vegetale, hanno anche un effetto batteriostatico limitando la diffusione di batteriosi.
I prodotti appena elencati hanno un effetto preventivo in quanto alterano la comunità microbica sulla superficie vegetale abbattendo l’inoculo presente.
Tuttavia, la normativa europea che regolamenta la registrazione e uso di fitofarmaci (sia convenzionali che biologici) ha imposto forti limitazioni all’utilizzo di rame in agricoltura, per i suoi effetti sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.
In alternativa a tali prodotti è possibile applicare prodotti a base microbica con i quali si apportano enormi quantità di batteri benefici, alterando profondamente gli equilibri che si creano sulla fillosfera.
Questo scompiglio che viene generato dall’introduzione di nuovi microrganismi riduce in maniera più o meno marcata l’incidenza della malattia.
Tra questi microrganismi, quelli che hanno mostrato una buona efficacia nel controllare la rogna dell’olivo sono quelli appartenenti al genere Bacillus come ad esempio B amyloliquefaciens.
Per quanto riguarda le tempistiche di applicazione dei microrganismi benefici è possibile seguire il medesimo calendario di applicazione del rame, quindi, un’applicazione dopo la raccolta e una dopo la potatura; in aggiunta è possibile effettuare altri tre trattamenti di cui il primo in prefioritura, il secondo in post-fioritura e il terzo a ridosso della raccolta delle olive.
Questa strategia garantisce, oltre al controllo della rogna, anche il contenimento di altri patogeni, tra cui la lebbra e l’occhio di pavone.
Altro fattore da tenere in considerazione è la diversa sensibilità varietale alla rogna dell’olivo; infatti, al momento di pianificare un nuovo impianto, sono da preferire per la messa a dimora varietà più resistenti, quali ad esempio il leccino.
L’eterogeneità del territorio italiano, la storicità della coltivazione dell’olivo e le continue contaminazioni tra popoli hanno permesso la selezione e diffusione di numerosissime varietà che oggi costituiscono un enorme valore per il miglioramento genetico di questa coltura.
Infine, come per la maggior parte delle malattie, la sensibilità ai patogeni delle piante è influenzata dal loro stato sanitario complessivo che è conseguenza anche della nutrizione minerale; infatti, eccessi di azoto inducono un’eccessiva vigoria producendo un aumento della sensibilità dei tessuti ai patogeni.
- Neri, Davide (Autore)