Malattie della radice e del colletto delle colture

Qual è la causa?

Le malattie delle piante causate da funghi fitopatogeni che vivono nel suolo e che interessano l’apparato radicale e/o il colletto (zona di transizione tra radice e fusto) sono notoriamente difficili da controllare.

Le caratteristiche biochimiche del suolo, l’enorme volume di terreno interessato dalle radici e la biologia complessa di questi microrganismi patogeni rendono inefficaci o poco efficaci la maggior parte degli approcci tradizionalmente utilizzati per il controllo delle principali malattie delle piante.

I più importanti patogeni fungini presenti nel suolo sono Fusarium spp. (F. oxysporum e F. solani), Verticillium dahliae, Sclerotinia spp., Sclerotium rolfsii, Rhizoctonia solani, Pythium spp. e Phytophthora spp. (Fig. 1).

FIGURA 1
Nella figura alcune delle malattie della radice e del colletto più frequenti: A) Verticilliosi della melanzana, l’avvizzimento delle piante nelle ore più calde è uno de sintomi più precoci, successivamente le piante muoiono. B) Fusariosi del pomodoro, il fittone appare necrotizzato ed imbrunito C) malattia dello smorzamento o damping off su piante di lattuga, il colletto delle giovani piante appare imbrunito e indebolito, la pianta con il progredire della malattia collassa al suolo.

Perché sono così insidiose le malattie della radice e del colletto

Questi microrganismi vivono nel terreno come saprofiti, conservandosi vitali per lunghissimi periodi anche in assenza di una pianta ospite sensibile.

La loro persistenza nel terreno è ulteriormente rafforzata dalla capacità di differenziare strutture di conservazione durevole che permettono la sopravvivenza del fungo per periodi molto lunghi (oltre cinque anni) anche in presenza di condizioni particolarmente ostili (terreni particolarmente aridi).

Tra queste strutture di conservazione le più famose sono gli sclerozi, ammassi di micelio di forma globosa che conservano al suo interno cellule vitali del patogeno (Fig. 2).

In queste condizioni, anche l’utilizzo di fungicidi chimici di sintesi, efficaci se applicati nella parte aerea della pianta, risulta scarsamente efficaci perché neutralizzati dai processi biochimici che avvengono nel suolo, e troppo diluiti visto l’enorme volume di terreno da trattare in quanto interessato dall’accrescimento radicale.

Anche le rotazioni per quanto complesse e lunghe, raramente hanno una durata tale da abbattere la popolazione di questi funghi.

FIGURA 2
Nell’immagine indicati dalle frecce degli sclerozi prodotti da Sclerotinia spp. su residui vegetali.

Principali sintomi e come è possibile riconoscerle

L’eterogeneità dei patogeni capaci di provocare malattie dell’apparato radicale e del colletto, nonché il grosso numero di colture suscettibili a tali malattie rende difficile definire un quadro di sintomi che permetta una diagnosi chiara ed univoca.

Tuttavia, è possibile distingue queste malattie in tre grosse categorie tenendo conto dei sintomi che si manifestano sulla pianta e sull’età della pianta, infatti è possibile riscontrare negli orti:

  • Fusariosi e verticillosi delle ortive, malattie causate da F. oxysporum, F. solani e Verticillium dahliae caratterizzateda una scarsa vigoria della pianta che nelle ore più calde perde repentinamente turgore, talvolta invece le foglie possono ingiallire per poi necrotizzare. La radice presenta dimensioni ridotte ed è imbrunita superficialmente, in sezione potrebbe mostrare un anello imbrunito in corrispondenza dei vasi xilematici (capillari che portano la linfa grezza dalle radici alle foglie). Ad essere attaccati da questi patogeni sono la maggior parte delle colture, tra cui le più importanti sono tutte le solanacee (pomodoro, peperone e melanzana) (Fig. 1 a), le cucurbitacee (esempio melone, zucchino), aglio e cipolla, e le leguminose (cece e pisello) (Fig. 3 & 4).
  • Marciumi e necrosi del colletto da Sclerotinia e Sclerotium, si tratta di un gruppo di malattie che può riguardare numerose specie vegetali con sintomi caratterizzati da marciume molle sulla radice e colletto. Successivamente la zona marcescente viene ricoperta da micelio di colore bianco che con il tempo differenzia degli sclerozi di colore bruno. La parte aerea si stacca facilmente dalla radice (Fig. 2).
  • Malattia da smorzamento o damping off è determinata da numerose specie fungine ma principalmente da Rhizoctonia solani, Pythium spp., e Phytophthora spp. che attaccano piantine appena germinate (marciume dei semenzai). L’attacco del patogeno determina un indebolimento del colletto e delle radici,quindi un accrescimento stentato e il cedimento delle piantine. La parte aerea si stacca con estrema facilità dalle radici che appaiono marcescenti e imbrunite (Fig. 2 c).
FIGURA 3
Nella figura un appezzamento interessato dalla coltivazione del cece in cui sono state seminate una varietà sensibile alla fusariosi (sinistra della linea rossa), ed una varietà resistente alla fusariosi (destra della linea rossa).

Come prevenire le malattie della radice

È noto da molto tempo che l’incidenza di alcune malattie che interessano l’apparato radicale è notevolmente mitigata in presenza di specifiche tipologie di suolo nonostante le piante coltivate siano geneticamente suscettibili all’attacco di questi funghi.

Tecnicamente questi suoli sono definiti soppressivi in quanto la comunità microbica in essi residente è capace di ridurre l’incidenza della malattia antagonizzando i patogeni presenti.

L’attività soppressiva di questi terreni è influenzata dall’abbondanza microbica (microrganismi benefici), dalla biodiversità e dalle interazioni che si creano all’interno della comunità microbica.

Per molti anni, questi suoli hanno rappresentato un’importante fonte da cui selezionare i microrganismi attivi nel controllo dei patogeni, tant’è che molti dei batteri e funghi attualmente commercializzati come bio-fitofarmaci sono stati isolati da questi ecosistemi.

In tal senso è possibile controllare le malattie dell’apparato radicale delle specie ortive seguendo due strategie finalizzare ad alterare la comunità microbica del terreno coltivato:

  • favorire la proliferazione dei microrganismi benefici naturalmente presenti nel terreno attraverso una corretta gestione della sostanza organica, come, ad esempio, l’interramento di ammendanti (compost, letame ecc.) e l’esecuzione di sovesci; evitando l’accumulo di molecole antimicrobiche nel suolo limitando trattamenti fitosanitari con effetti negativi sulla microflora (fungicidi chimici di sintesi, eccesso di rame, ecc.); seguendo rotazioni colturali e consociazioni che rendono l’ecosistema più complesso quindi capace di ospitare microrganismi di diversa specie;
  • introdurre microrganismi antagonisti benefici commerciali capaci di ridurre la capacità di attacco dei patogeni. I microrganismi neo introdotti, una volta nel terreno, possono andare incontro a due destini opposti, ossia, adattarsi al nuovo ecosistema fornendo un’azione antagonistica durevole nel tempo oppure non adattandosi producendo benefici per un periodo molto limitato di tempo.
FIGURA 4
Nella figura sono messe a confronto due piante di cece di cui quella a sinistra manifesta chiari sintomi di Fusariosi.

Attualmente sono note numerose specie microbiche capaci di limitare la virulenza dei patogeni che vivono nel suolo, le principali sono:

  1. le specie del genere Trichoderma hanno dimostrato di essere efficaci contro numerosi funghi fitopatogeni presenti nel suolo. Le bio-formulazioni a base di Trichoderma sono ampiamente utilizzate nel controllo dei patogeni fungini che colpiscono l’apparato radicale e il colletto delle colture agricole. Le principali specie di Trichoderma efficaci sono T. atroviride, T. hamatum, T. harzianum e T. viride
  2. i funghi micorrizici (che costituiscono le micorrize interagendo con le radici delle piante) capaci di ridurre i danni causati da agenti patogeni presenti nel suolo attraverso le loro interazioni simbiotiche con le radici. L’interazione pianta fungo aumenta enormemente le dimensioni dell’apparato radicale compensando i danni prodotti dal patogeno; inoltre, i funghi micorrizici occupando fisicamente la superficie radicale impediscono la penetrazione da parte dei funghi patogeni. Tra i funghi simbionti le specie maggiormente utilizzate appartengono al genere Glomus e attualmente sono disponibili numerose formulazioni commerciali utilizzabili per micorrizare piante ortive prima del trapianto.
  3. Tra i rizobatteri (batteri strettamente associati con l’apparato radicale) numerose specie sono state identificate come capaci di controllare i patogeni dell’apparato radicale esercitando un’azione diretta sui patogeni (producendo molecole antimicrobiche) oppure indirettamente agendo sulla pianta, che interagendo con i batteri risulta più resistente alle malattie. Questi batteri rientrano nella grande categoria dei PGPR (Plant Growth-Promoting Rhizobacteria – rizobatteri promotori della crescita delle piante) dei quali numerosi sono già principio attivo di formulazioni e i più comuni appartengono ai generi Bacillus, Pseudomonas e Streptomyces.

Tuttavia, le caratteristiche intrinseche del suolo, l’eterogeneità dei terreni e le differenze tra i patogeni fungini spesso rendono poco efficace l’applicazione di un singolo microrganismo.

Per aggirare questi problemi e aumentare la stabilità e l’efficienza dei microrganismi utili introdotti nel suolo sono state sviluppare soluzioni basate su combinazioni microrganismi benefici, comunemente detti consorzi microbici.

La creazione di combinazioni microbiche efficaci nella gestione delle malattie dell’apparato radicale è un’attività intrapresa da numerose aziende che operano nello sviluppo di microrganismi per il settore agricolo.

La maggiore efficacia del consorzio microbico rispetto all’applicazione del singolo microrganismo è conseguenza di numerosi fattori e tra questi i più rilevanti sono:

  • La combinazione di una moltitudine di strategie messe in atto da ogni singolo microrganismo nel contrastare il patogeno che viene colpito da più punti.
  • L’interazione tra microrganismi benefici porta alla produzione di nuove sostanze attive non prodotte dal microrganismo applicato singolarmente.
  • La migliore adattabilità dei microrganismi all’ecosistema suolo.

Queste comunità microbiche “sintetiche” sono generalmente costituite da soli batteri oppure da soli funghi.

Invece, recentemente sono stati messi in evidenza una serie di vantaggi che scaturiscono dalla combinazione di batteri e funghi benefici, infatti in commercio esistono numerose formulazioni contenenti mix di microrganismi.

Comunque, come già anticipato, l’applicazione di microrganismi commerciali non è l’unica opportunità per la gestione delle malattie della radice, una possibilità altrettanto efficace potrebbe derivare dalla manipolazione della microflora autoctona attraverso pratiche che aumentano l’abbondanza, la complessità della popolazione e la quantità di specie batteriche e fungine benefiche.

In generale, la dinamica delle popolazioni microbiche del terreno è fortemente influenzata dalla:

  • struttura e porosità del suolo che influisce sulla distribuzione dell’umidità e dell’ossigeno);
  • quantità e qualità della materia organica presente nel suolo;
  • presenza di macro e micronutrienti.

Pertanto, la gestione delle colture ed in particolare del terreno (es. uso di agrofarmaci, fertilizzanti, lavorazione del terreno, anche l’irrigazione, la rotazione delle colture e altre tecniche di coltivazione) possono influire in modo significativo sull’abbondanza e composizione della comunità microbica nel suolo.

Quindi il ricorso a corrette pratiche di gestione colturali, oltre a dare beneficio da un punto di vista produttivo, può arrecare un vantaggio sostanziale anche nella gestione delle malattie della radice che interessano la maggior parte delle colture.

Un’altra strategia per prevenire perdite produttive derivanti da malattie a carico della radice consiste nel ricorso a varietà resistenti; infatti, attualmente per la maggior parte delle specie coltivate si conoscono le basi genetiche di tali resistenze tant’è che, attraverso incroci, è stato possibile traferire alle varietà di maggiore interesse economico i geni coinvolti, conferendone resistenza.

Per alcune specie o varietà di interesse minore, per le quali non sono disponibili varianti resistenti, è possibile ricorrere alla tecnica dell’innesto utilizzando come portainnesto una varietà resistente sopra la quale si fa attecchire la varietà di interesse per la produzione. Questa tecnica è abbastanza comune per le cucurbitacee (menole, zucchino, anguria) e solanacee (melanzana e peperone).

FIGURA 5
Nella figura sintomi di marciume radicale provato da Rhizoctonia solani su leguminose, in particolare: A) una radice sana; B-C-D) radici malate che manifestano necrosi e imbrunimenti e negli stati finali C e D la radice viene ricoperta di micelio biancastro, chiara indicazione della presenza del fungo patogeno.

Marciumi radicali causati da ristagno idrico

Un fattore che espone fortemente le colture alla maggior parte dei marciumi radicali è il ristagno idrico che favorisce la selezione di funghi patogeni ed innesca reazioni di sofferenza nella pianta aumentandone la vulnerabilità ai patogeni.

Per tali ragioni è importate evitare ristagni idrici, favorendo il deflusso dell’acqua meteorica e ponderando le irrigazioni in funzione delle effettive necessità della coltura. Altro importante fattore è la nutrizione delle colture ed in particolare quella azotata, per diverse ragioni i tessuti vegetali risultano maggiormente vulnerabili se la pianta cresce in eccesso azoto.

Quindi, bisogna seguire un piano di concimazione che tenga conto delle reali esigenze della pianta, evitando di eccedere con gli apporti di azoto e soprattutto squilibri con altri nutrienti quali fosforo, potassio e calcio.

Salvaguardare il microbioma del suolo

Il microbioma gioca un ruolo di cruciale importanza nel mantenimento degli equilibri biochimici nel suolo e quindi nella sua fertilità; le alterazioni di questo ecosistema (suolo) che perturbano le dinamiche interne alle comunità microbiche possono avere effetti negativi sulla produttività e sulla salute delle piante.

Con accorgimenti agronomici possiamo gestire il suolo curando anche il suo microbioma, un po’ come facciamo tutti i giorni con il nostro microbioma intestinale.

FIGURA 6
Coltivazione di lattuga che manifesta sintomi da marciume radicale, in particolare l’attacco ha riguardato una parte delle piantine che manifestano in una prima fase una crescita stentata e successivamente muoio, estirpandole saranno evidenti i sintomi sulla radice.
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