E pensare che li chiamiamo, con tono non esattamente o non sempre affettuoso, nativi digitali, o anche generazione dad. Eppure i nostri bambini o ragazzi nati dai primi anni del nuovo millennio in poi, non meritano di essere etichettati sbrigativamente così.
Perché il loro essere figli dell’era multimediale e ipertecnologica non si esaurisce nell’uso compulsivo e quasi totalizzante di svariati dispositivi elettronici. Perché sanno sorprenderci, dimostrando di essere proiettati nel futuro, di essere “avanti” (come direbbero loro) con ben altri atteggiamenti, che vanno ben oltre l’utilizzo smodato di pc, tablet e playstation.
“Mamma, chiudi il rubinetto quando ti insaponi le mani!”, mi ammonisce spesso mia figlia quasi quindicenne, facendomi sentire in vago imbarazzo con sfumature di senso di colpa. Ma anche “che brava, hai comprato le cannucce bio!“. “Ma ti sei accorta che nei brik di succhi di frutta non mettono più quelle di plastica e si usano molte più borracce riutilizzabili? Finalmente!”.
L’ultimogenita di 10 anni, al momento la meno sensibile delle 4 alle tematiche ambientali, ha provato ad osservare con disappunto che “le cannucce biologiche sanno di carta e si spappolano mentre bevi il succo”, ma è stata prontamente redarguita dalla sorella maggiore, che – sdegnata – l’ha bollata come “superficiale e disinteressata alla salute del pianeta”.
Eppure proprio lei, la mia superficiale ultima nata, svolgendo una ricerca di geografia pochi giorni prima, era rimasta impressionata dal fatto che le cernie africane nuotino allegramente anche nel mar Ligure, “e sai perché mamma? Perché i mari sono sempre più caldi a causa del riscaldamento globale!”.
Tra picchi alti e bassi, comunque, la media dell’attenzione per l’ecologia nel micro-campione teenager rappresentato dalle mie figlie è decisamente buona. Lo testimoniano i continui richiami ad accorgimenti e comportamenti virtuosi nei confronti dell’ambiente stando attenti ad esempio ad usare spazzoli sostenibili (il nostro consiglio: ) o a capire che c’è un’effettiva convenienza ad utilizzare le lampadine a basso consumo, moniti reciproci tra di loro e con noi genitori che – a pensarci bene – caratterizzano tantissimi momenti della nostra quotidianità.
Dal “chiudi l’acqua mentre ti spazzoli i denti”, che diventa anche – declinato in altre forme di risparmio energetico – “spegni sta luce!!”, a “la plastica non va messa lì!”, al “mamma, ma questo che materiale è? E dove lo butto?”, fino a “usiamo questi disegni vecchi per stampare, così non sprechiamo la carta”, applicando i principi basilari dei benefici dell’economia circolare.
Qualche volta poi (soprattutto le due più grandi, alle soglie dell’adolescenza), se ne escono con ambiziosi progetti di vita tipo “da grande vivrò in campagna producendo frutta e verdura dedicando molto tempo libero curando un orto biologico” oppure – addirittura – con obiettivi/sogni al limite del realizzabile come “sarebbe bello trovare un modo per distruggere l’isola di plastica”.

Anche sul piano “mobilità”, non ci manca un occhio di riguardo per l’ambiente: passione trasversale che accomuna – con indice di gradimento medio piuttosto alto – tutti i membri della famiglia, è infatti quella per la bici, formula perfetta per il benessere nostro e del pianeta.
Attrezzati da sempre con ben 6 mountain-bike, diventate da poco 5 mtb + 1 city-bike a cui si è “convertita” la figlia maggiore, ci godiamo spesso qualche pedalata tra campagna e collina delle nostre zone.
Perché, soprattutto nei week-end di primavera/estate ed escludendo ovviamente condizioni meteo avverse, prendere necessariamente la macchina, quando in pochi minuti possiamo immergerci nella natura che è proprio lì, a portata di mano (ops, di manubrio!)?
La stessa considerazione vale per le brevi commissioni non lontano da casa, che possiamo fare senza per forza salire in auto e possibilmente non sprecando innumerevoli buste di plastica ma utilizzando possibilmente sempre la nostra cara borsa in stoffa: ecco, è forse l’unico punto debole delle ragazze, tendenzialmente sul pigro su questo versante e quindi soggette a decisi input da mamma e papà!
Eppure, quando si parla di scuola, si rammaricano all’unisono del fatto che la loro disti circa 10 km da casa, e rimarcano regolarmente con disappunto: “peccato che dobbiamo per forza usare la macchina o l’autobus… sai che bello poterci andare in bici, divertendosi e senza inquinare!?”.
Per dire: ne abbiamo da imparare, da questi digital kids. Sarà anche la scuola, saranno le campagne media (magari anche qualcosina che abbiamo trasmesso noi mamme e papà? Chissà: speriamo), fatto sta che timidi e promettenti segnali ci sono.
Non ignoriamoli, anzi: incoraggiamoli. E qualche volta – ora mi rivolgo alla sottoscritta! – facciamoci insegnare da loro… non soltanto come installare un’app o modificare le impostazioni dello smartphone.
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